Dopo lo stop alla riforma delle intercettazioni attuato dal Governo attualmente in carica, è la VI^ Sezione Penale della Corte di Cassazione che in una recente sentenza su intercettazioni del 2018 affronta la problematica, anche se collegata a precedente giurisprudenza costituzionale.
Con la sentenza 33046/2018 depositata il 17 luglio 2018 la Corte interviene su un ricorso presentato dal legale di un imputato in merito, fra gli altri motivi di doglianza, al diniego da parte del Tribunale della Libertà della possibilità per l’imputato e il suo difensore di accedere ai files audio su cui erano state registrate le conversazioni intercettate ed in base alle quali il Pubblico Ministero ha poi formulato il suo appello contro il rigetto da parte del G.I.P. della richiesta di emissione di un provvedimento cautelare.
Sul punto, facendo riferimento alla sentenza della Corte Costituzionale n. 336 del 2008 che aveva dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 268 c.p.p. “… nella parte in cui non prevedeva che dopo la notificazione o l’esecuzione dell’ordinanza che dispone una misura cautelare personale il difensore possa ottenere la trasposizione su nastro magnetico delle registrazioni di conversazioni o comunicazioni intercettate, utilizzate ai fini dell’adozione del provvedimento cautelare anche se non depositate…”, la Corte di Cassazione ha stabilito che deve essere riconosciuto alla difesa dell’imputato il diritto di accedere ai files audio su cui sono registrate le conversazioni intercettate e poste a fondamento dell’appello del Pubblico Ministero avverso il rigetto della richiesta cautelare da parte del G.I.P.
Tale diritto acquisitivo concerne tuttavia solo le intercettazioni i cui esiti captativi sono stati posti a fondamento della richiesta di emissione del provvedimento cautelare e non altri.
Alfonso Buccini