In un nostro precedente articolo pubblicato su queste pagine tempo fa e dedicato all’approfondimento e all’analisi dei temi più rilevanti introdotti con la Riforma del Sistema delle Intercettazioni, avevamo analizzato la novità derivante dall’introduzione nelle discipline attuative del cpp dell’art. 89-bis ovvero “l’Archivio Riservato”, il luogo della segretezza investigativa dove conservare tutte le intercettazioni e dove i difensori avrebbero avuto la possibilità di ascoltare tutto il materiale intercettato per impostare al meglio la strategia difensiva a favore del proprio assistito.
Rimandiamo a quel contributo per quanto riguarda l’analisi delle criticità del sistema così come progettato, la nostra breve analisi invece si concentrerà sulla proposta di soluzioni per rendere pienamente efficiente lo stesso ”Archivio Riservato”, novità che ha senza dubbio i suoi lati positivi e per suggerire al legislatore di cogliere altresì questa occasione di “restyling” dell’intero progetto di riforma del sistema delle intercettazioni per blindare, oltre “all’ingresso principale” qualche “finestra” lasciata aperta.
La Stella Polare del precedente progetto di riforma, come si evince dalla lettura di tutto il d.lgs. 216/2017 nel suo complesso e dalla parte della delega legislativa ad esso dedicata, era quella di garantire la riservatezza dei brani delle intercettazioni, alcuni dei quali spesso estranei al tema specifico delle indagini e delle persone in esse coinvolte, onde evitare che tutto finisse in pasto agli organi di stampa per la pubblicazione sui giornali.
Un inasprimento delle sanzioni per la diffusione illecita di tali brani (si veda in proposito l’art. 1 del decreto legislativo 216/2017) e la “blindatura” di tutto il materiale nell’Archivio Riservato erano i punti del decreto legislativo attraverso i quali il Legislatore riteneva di garantire tale riservatezza.
Tuttavia il precedente progetto di riforma non aveva considerato, o aveva ritenuto poco rilevante che, se il materiale intercettato era al sicuro una volta depositato, non lo è nella fase “operativa”, ovvero nella fase di ascolto e registrazione da parte della P.G. che spesso e volentieri non custodisce le evidenze delle registrazioni in maniera sicura con il rischio, non remoto, che questo materiale rimanga alla portata di persone estranee all’indagine con tutte le ovvie conseguenze del caso.
Per questo motivo, e come indicato nel nostro precedente articolo non lesinando sulle risorse da parte dello Stato Centrale, sarebbe opportuno, attraverso la predisposizione dell’infrastruttura logistica necessaria, prevedere ANCHE il deposito delle intercettazioni man mano effettuate dalla P.G. in una sezione dell’Archivio Riservato, il cui accesso sia consentito solo alla P.G. operante e regolamentato attraverso credenziali di autenticazione informatica da quel Decreto Ministeriale, di concerto con il Garante Privacy, la cui emanazione era prevista all’art. 7, comma 3 del d.lgs. 216/2017 entro tre mesi dalla pubblicazione del decreto legislativo stesso e che poi non ha visto la luce a causa della fine della legislatura e del successivo cambio di maggioranza parlamentare.
Si riporta di seguito il testo dell’art. 7, comma 3, del d.lgs. 216/2017: “3. Con decreto del Ministro della giustizia, da emanare entro tre mesi dall’entrata in vigore del presente decreto, sentito il Garante per la protezione dei dati personali, sono fissati i criteri a cui il procuratore della Repubblica si attiene per regolare le modalita’ di accesso all’archivio riservato di cui all’articolo 89-bis delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, a tutela della riservatezza degli atti ivi custoditi“.
Fermo restando quanto sopra che garantirebbe la riservatezza delle intercettazioni man mano effettuate dalla P.G. prima del deposito, rimane tuttavia aperto il problema di garantire la riservatezza delle intercettazioni effettuate PRESSO e CON il ricorso alle apparecchiature di Società Private, ciò a causa della cronica insufficienza di quelle in dotazione alle Procure.
Ferme restando alcune criticità a livello di informatica forense nel ricorso alle apparecchiature dei privati e che analizzeremo in un prossimo articolo, un maggiore stanziamento di risorse finanziarie oltre che per la creazione degli Archivi Riservati a favore delle Procure anche per l’acquisto di ulteriori apparecchiature e strumentazioni di intercettazione può ridurre in maniera significativa la dipendenza dai privati per le anzidette operazioni e tutelare così maggiormente la riservatezza dei contenuti delle intercettazioni.
L’auspicio è dunque che il Governo non lesini sullo stanziamento di risorse finanziarie per l’attuazione di questa riforma tenendo altresì presente che alla base del rinvio dell’entrata in vigore delle norme più significative del d.lgs. 216/2017, così come riportato nelle relazioni di accompagnamento al D-L 91/2018 e alle legge di conversione dello stesso è proprio la necessità di predisporre le infrastrutture necessarie per dare piena operatività a quanto disposto dal decreto.
Alfonso Buccini