La V^ Sezione Penale della Corte di Cassazione, con la 28721/2018 ha dichiarato l’illegittimità del sequestro, effettuato presso il difensore, di documenti, computer e telefoni cellulari non costituenti corpo del reato.
Secondo i giudici della Corte infatti, per superare il divieto di inutilizzazione di cui al comma 7 dell’articolo 103 del codice penale non è sufficiente indicare una “mera utilità probatoria dell’oggetto del sequestro, perché la legge esige un quid pluris che giustifichi l’interferenza nel rapporto professionale cliente/difensore e cioè che l’atto o documento appreso costituisca, esso stesso, corpo del reato”.
Il comma 7 dell’art. 103 del codice di procedura penale così recita:
“Salvo quanto previsto dal comma 3 e dall’art. 271, i risultati delle ispezioni, perquisizioni, sequestri, intercettazione di conversazioni o comunicazioni, eseguiti in violazione delle disposizioni precedenti, non possono essere utilizzati. Fermo il divieto di utilizzazione di cui al primo periodo, quando le comunicazioni e conversazioni sono comunque intercettate, il loro contenuto non può essere trascritto, neanche sommariamente, e nel verbale delle operazioni sono indicate soltanto la data, l’ora e il dispositivo su cui la registrazione è intervenuta.”
La Corte ha così accolto la richiesta di annullamento dell’ordinanza avanzata dai difensori e rinviato per nuovo esame al Tribunale in “relazione alla motivazione totalmente omessa…” circa i presupposti legittimanti l’adozione della misura del sequestro.
Alfonso Buccini