Competenze del legislatore in materia di informatica giuridica

L’emendamento presentato in sede di conversione del decreto legge n. 28 del 30.04.2020, in materia di tutela dei minori dai rischi del ciberspazio, poi confluito nell’art. 7-bis del testo coordinato con la legge di conversione, denota ancora una volta da parte della politica la scarsa conoscenza su temi di informatica giuridica, su cui legifera, reiterando un atteggiamento che già in un passato non lontano ha poi portato alla promulgazione di norme che una volta operative hanno creato non pochi problemi a chi si è trovato ad applicarle.

Alcune considerazioni sulle competenze del legislatore in materia di informatica giuridica

Si è spesso notato il ripetersi di due atteggiamenti non corretti da parte del legislatore su temi di informatica giuridica:

  • la tendenza a inserire all’ultimo momento norme che si aveva interesse a far approvare all’interno di provvedimenti che trattavano tematiche  ben diverse
  • una certa superficialità trattando di principi e fondamenti in materia di libertà personali e di accesso alle informazioni in Rete a livello nazionale e sovranazionale, oltre a una qualche incompetenza di basilari conoscenze tecniche quando i provvedimenti riguardano l’informatica e la Rete in generale.

Emblematici in tal senso per il primo aspetto l’inserimento della norma che ha esteso il periodo di data retention all’interno della “direttiva ascensori” (legge 20.11.2017 n. 167) e per il secondo le numerose criticità in materia di informatica forense per quanto riguarda la riforma delle intercettazioni di conversazioni e comunicazioni (si veda R. Brighi “Funzionamento e potenzialità investigative del malware” in AA.VV. “Nuove norme in tema di intercettazioni” – Giappichelli, 2018).

informatica giuridica

Il parental control in rete: tutela o censura?

Entrambe queste criticità le ritroviamo in questi giorni nell’articolo 7-bis – del testo coordinato del decreto legge n. 28 del 30 aprile 2020 con la legge di conversione 25 giugno 2020 n. 70, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 162 del 29 giugno 2020 – emendamento introdotto durante il passaggio alla Commissione Giustizia del Senato.

Esso  introduce un “parental control”, una sorta di filtro, che permetterebbe di bloccare in automatico l’accesso ai siti che contengono contenuti definibili “per adulti”, blocco disattivabile solo dall’utente maggiorenne titolare del contratto.

Il decreto legge nella sua formulazione originaria, fatta eccezione per la norma di cui all’art. 6 in materia di “contact tracing”, conteneva disposizioni in materia di giustizia compreso il rinvio al 1° settembre della entrata in vigore della Riforma del sistema delle intercettazioni, norme quindi “omogenee” ed in cui l’emendamento presentato, pur con il fine nobile di tutelare i minori su Internet, è andato a costituire il classico “pesce fuor d’acqua” in quanto inerente una tematica complessa e delicata che avrebbe richiesto maggiori approfondimenti e un iter parlamentare più approfondito, anche attraverso il coinvolgimento di esperti.

In questo modo si sarebbe evitato, per questo attiene al secondo punto di criticità, di presentare una norma che all’atto pratico sarà inattuabile: anche in alcuni Paesi democratici erano state avanzate proposte simili di regolamentazione dell’accesso a Internet a tutela dei minori, ma nessuna è mai andata in porto, ciò sia per l’intervento delle giurisdizioni superiori o anche dei Governi stessi che hanno visto in esse un tentativo di limitazione della libertà di espressione e di accesso alle informazioni. Su quali basi sarebbe quindi attuabile nel nostro ordinamento una norma simile condividendo il nostro Paese gli stessi principi di libertà personali e di libero accesso alle informazioni delle altre democrazie occidentali?

L’applicabilità tecnica del parental control: l’evidenza della (in)competenza in materia di informatica giuridica

Siamo dell’opinione che anche in Italia una norma del genere avrà lo stesso destino e già le iniziative parlamentari di alcuni deputati sul punto depongono a favore della sua “non applicazione”.

Le norme sul tema dell’informatica giuridica devono infatti sempre considerare la reale applicabilità dei principi esposti.

Giova poi ricordare che, così come formulata, la norma risulta inapplicabile da un punto di vista tecnico: l’operatore non può intervenire in maniera “selettiva” quando la maggior parte dei contenuti viaggia in maniera cifrata per proteggere la riservatezza delle comunicazioni.

In generale si auspica per il futuro che il legislatore abbia conoscenze sufficienti sulle materie dell’informatica giuridica su cui interviene per evitare le situazioni come quella verificatasi in sede di conversione del Decreto Giustizia.

Alfonso Buccini

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